Nel linguaggio del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR), i concetti di privacy by design e privacy by default rappresentano due pilastri fondamentali della protezione dei dati personali. Sono la traduzione operativa del principio di responsabilizzazione (accountability): la privacy non deve essere un’aggiunta successiva, ma un criterio di progettazione integrato in ogni nuova attività, processo o tecnologia che comporti trattamento di dati personali.

Eppure, nella realtà delle PMI italiane, questi concetti restano per lo più teorici. Lo sviluppo di una nuova app, piattaforma e-commerce, sito web o CRM segue quasi sempre lo schema: “prima si realizza il progetto, poi si penserà alla privacy”. Il risultato è una lunga catena di errori strutturali, difficili da correggere una volta che il sistema è già operativo.

Che cosa significa davvero “privacy by design”

L’articolo 25 del GDPR stabilisce che il titolare del trattamento deve adottare misure tecniche e organizzative adeguate fin dalla fase di progettazione (by design), al fine di garantire la protezione dei dati e il rispetto dei principi del Regolamento.

In pratica significa che ogni nuovo progetto deve considerare fin dall’inizio: quali dati sono realmente necessari, per quanto tempo devono essere conservati, chi potrà accedervi e come verranno protetti e cancellati. È un approccio proattivo, che punta a prevenire le violazioni, non a correggerle.

Privacy by default: meno dati, più tutela

Il principio di privacy by default (art. 25, par. 2) integra il precedente e lo rende operativo: “Devono essere trattati solo i dati personali necessari per ogni specifica finalità del trattamento.

In altri termini: i moduli online non devono chiedere più informazioni del necessario, i sistemi devono impostare per default la massima protezione dei dati (ad esempio profili privati, oscuramento automatico, limitazione accessi) e gli utenti devono poter scegliere di condividere, non essere costretti a farlo.

L’approccio delle PMI: “prima il prodotto, poi la compliance”

Nella prassi aziendale italiana, la sequenza è quasi sempre inversa: si sviluppa la soluzione digitale, la si lancia sul mercato, e solo dopo si pensa alla privacy. Ma integrare la privacy a posteriori è costoso, complesso e rischioso. Significa dover riprogettare moduli, aggiornare database e correggere processi già avviati. E spesso, per risparmiare, si sceglie la via più pericolosa: ignorare il problema.

Le violazioni più frequenti

Violazione Descrizione Conseguenze
Raccolta eccessiva di dati Si chiedono dati non necessari (es. codice fiscale per newsletter) Violazione del principio di minimizzazione (art. 5, par. 1, lett. c)
Conservazione indefinita Nessuna data di scadenza per la cancellazione o anonimizzazione Violazione del principio di limitazione della conservazione
Accessi indiscriminati Tutti gli utenti interni possono vedere i dati personali Violazione del principio di integrità e riservatezza
Assenza di analisi preventiva Nessuna valutazione d’impatto (DPIA) per trattamenti rischiosi Violazione dell’art. 35 GDPR
Assenza di documentazione Non esistono evidenze delle misure adottate Violazione del principio di accountability (art. 5, par. 2)

Come applicare la privacy by design in modo concreto

Adottare un approccio by design non significa complicare la vita ai tecnici, ma mettere in dialogo chi sviluppa (IT, marketing, progettazione) con chi si occupa di compliance.

– Coinvolgere il DPO o il consulente privacy già in fase di progettazione.

– Mappare i trattamenti prima di avviare lo sviluppo.

– Integrare checklist di conformità GDPR nei processi di sviluppo software.

– Definire ruoli e responsabilità chiare tra titolare, responsabili e incaricati.

– Effettuare test di sicurezza e simulazioni di rischio prima del rilascio.

– Predisporre informative e consensi personalizzati già nella fase di design UX/UI.

– Aggiornare regolarmente la documentazione tecnica e legale.

Il valore strategico della privacy by design

Incorporare la privacy nel design non è un costo, ma un vantaggio competitivo: riduce i rischi di sanzioni, aumenta la fiducia dei clienti, migliora la qualità dei dati e rende i processi aziendali più chiari e sicuri. Le aziende che integrano la protezione dei dati fin dall’inizio non solo rispettano la legge, ma costruiscono fiducia e valore nel lungo periodo.

Conclusione: la privacy non è un “plug-in”

La privacy non è un modulo da installare dopo aver sviluppato il sistema. È parte integrante della progettazione di qualsiasi processo digitale, al pari della sicurezza o dell’usabilità. Ignorarla significa creare una vulnerabilità strutturale difficile da sanare.

La privacy non si aggiunge a progetto finito: si costruisce insieme al progetto. Solo così si passa da un obbligo legale a una cultura della responsabilità.