Nel panorama della compliance privacy, uno degli errori più diffusi tra le piccole e medie imprese (PMI) è considerare l’informativa sul trattamento dei dati personali un mero adempimento burocratico, da sbrigare copiando modelli trovati online. Nulla di più rischioso.
L’articolo 13 del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) stabilisce che l’informativa deve essere chiara, trasparente e riferita al trattamento effettivo dei dati. Non si tratta di una formalità, ma di un documento giuridico che comunica agli interessati come e perché i loro dati vengono trattati.
Il problema: l’informativa “universale”
Molte PMI, spesso per mancanza di risorse o di conoscenze giuridiche, adottano un approccio “taglia e incolla”:
– copiano informative da siti web simili;
– utilizzano modelli generici scaricati da Internet;
– non aggiornano il testo in base alle reali finalità, basi giuridiche, tempi di conservazione o destinatari.
Il risultato? Un’informativa che non corrisponde al trattamento effettivo dei dati, creando una asimmetria informativa tra titolare e interessato.
Le conseguenze giuridiche
Un’informativa “fuori contesto” non è solo inutile — è illecita. L’art. 13 del GDPR impone che il titolare specifichi identità, finalità, basi giuridiche, destinatari, tempi di conservazione e diritti dell’interessato. Omettere o falsare uno di questi elementi comporta una violazione diretta del principio di trasparenza.
Le sanzioni possono arrivare fino a 20 milioni di euro o al 4% del fatturato annuo mondiale (art. 83). Oltre al rischio economico, vi sono danni reputazionali e perdita di fiducia da parte di clienti e partner.
L’effetto domino della superficialità
Una cattiva informativa genera conseguenze a catena:
– finalità vaghe rendono impossibile collegare una base giuridica;
– tempi di conservazione assenti violano il principio di limitazione;
– mancanza di destinatari o DPO compromette la trasparenza;
– diritti degli interessati non esercitabili in modo effettivo.
Buone pratiche per una privacy “su misura”
Per evitare il rischio del “copia-incolla fuori contesto”, le PMI dovrebbero adottare le seguenti buone pratiche:
| Azione consigliata | Descrizione operativa |
| Analizzare i trattamenti effettivi | Mappare dati e processi per capire cosa viene trattato e con quali finalità. |
| Redigere informative distinte | Diversificare per clienti, dipendenti, fornitori e utenti web. |
| Specificare chiaramente finalità e basi giuridiche | Esplicitare per ogni trattamento la base legale e lo scopo. |
| Aggiornare periodicamente | Verificare la coerenza dell’informativa con nuove attività digitali. |
| Coinvolgere un DPO o consulente | Far validare i testi per garantire conformità normativa. |
| Formare il personale | Promuovere consapevolezza interna sul valore della trasparenza. |
Conclusione: la privacy come linguaggio di fiducia
L’informativa non è un modulo da firmare: è un patto di trasparenza tra impresa e persona. Copiarla da un modello qualunque significa trasformare un diritto fondamentale in un semplice orpello formale. La vera compliance nasce quando l’azienda sa raccontare con precisione che cosa fa dei dati e perché lo fa — senza nascondersi dietro formule preconfezionate.
Un’informativa “copia-incolla” non tutela nessuno: non il titolare, che rischia sanzioni, né l’interessato, che perde il controllo dei propri dati. La trasparenza non si copia: si costruisce.
