Autorevoli nella forma. Ingannevoli nella sostanza.
Le fake news create con l’intelligenza artificiale non sono più un’anomalia: sono diventate parte integrante dell’ecosistema digitale.
Testi generati da LLM (Large Language Models), immagini deepfake, video sintetici e cloni vocali ultra-realistici stanno ridisegnando i confini del falso.
Il rischio? Una società dove l’apparenza supera la verità.
Per i professionisti ICT e gli esperti di etica AI, questo è terreno critico.
Non si tratta solo di cybersecurity o fact-checking: si parla di responsabilità, di trasparenza e di salvaguardia della fiducia pubblica.
Come si creano le fake con l’AI?
Oggi, chiunque con accesso a strumenti pubblici può generare:
- Testi persuasivi tramite modelli come GPT, Gemini, Copilot, ecc..
- Deepfake video tramite software come DeepFaceLab, Synthesia o HeyGen.
- Voci sintetiche tramite modelli TTS (Text-to-Speech) evoluti, spesso indistinguibili da quelle reali.
- Immagini artificiali fotorealistiche con Midjourney, DALL·E, Stable Diffusion.
Perché sono pericolose?
Le fake AI sfruttano due fattori: credibilità visiva e velocità di diffusione.
- Credibilità: un contenuto video o audio “parla da sé”. Quando la percezione visiva/vocale è credibile, l’attenzione critica crolla.
- Diffusione virale: bastano pochi secondi su X, TikTok o WhatsApp per propagare contenuti falsi prima che siano verificati.
Le conseguenze? Manipolazione politica, truffe finanziarie, diffamazione reputazionale, disinformazione scientifica.
Riconoscere le fake: segnali e strumenti
Segnali sospetti:
- Dettagli incoerenti in mani, occhi, proporzioni (nelle immagini).
- Errori di sincronizzazione tra voce e labbra (nei video).
- Tono piatto, pause innaturali (negli audio sintetici).
- Informazioni generiche, senza fonti verificabili (nei testi AI).
Strumenti utili:
- Text detection: GPTZero, ZeroGPT, OpenAI Classifier.
- Reverse image search: Google Lens, TinEye.
- Deepfake detection: Deepware Scanner, Sensity AI.
- Controllo fonti: Snopes, Facta, OpenFact.
Difendersi è possibile, ma serve un cambio di cultura
Per un professionista ICT, la risposta non può essere solo tecnica. Serve un approccio sistemico:
Policy aziendali chiare
- Definire linee guida sull’uso dell’AI nei contenuti pubblici e interni.
- Obbligo di disclosure sull’impiego di contenuti generati da AI.
Alfabetizzazione mediatica avanzata
- Promuovere training specifici per il personale: non basta sapere come funziona l’AI, bisogna imparare a riconoscere l’inganno.
Etica come design principle
- L’etica non è un’aggiunta: è parte del codice.
- Responsabilità significa anche creare modelli e interfacce che non incentivino la manipolazione.
La lotta alla disinformazione è una battaglia tecnica, ma anche morale
Il rischio non è solo “essere ingannati”. È disimparare a distinguere. Se tutto è credibile, nulla lo è più. Per questo l’ICT e l’etica AI devono muoversi insieme: progettare strumenti, normative e cultura capaci di restaurare la fiducia nell’informazione.